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Terrorismo: per la donna bresciana convertita all’Islam tre anni di sorveglianza speciale

La 30enne Sara Pilè, italiana convertita all’Islam e accusata di addestramento con finalità di terrorismo, sarà sottoposta per 3 anni a sorveglianza speciale. Non potrà lasciare il comune di residenza, accedere a moschee né navigare su internet. Il marito della donna, un tunisino, è stato espulso dall’Italia lo scorso giugno.
A cura di Francesco Loiacono
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La 30enne bresciana Sara Pilè, accusata di addestramento con finalità di terrorismo dalla Digos di Brescia, sarà sottoposta a sorveglianza speciale per i prossimi tre anni. Lo ha deciso il giudice del tribunale di Brescia Anna Di Martino, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Silvia Bonardi. Per tre anni Sara Pilè non potrà lasciare il Paese né il comune di residenza, non potrà frequentare moschee e nemmeno navigare su internet.

La donna si era convertita all'Islam dopo aver conosciuto il marito, un tunisino con il quale si era sposata nel 2010 con rito islamico e nel 2015 con rito civile italiano. I due, che non avevano figli, avevano mostrato nell'ultimo periodo una radicalizzazione del loro credo religioso. La 30enne aveva deciso di indossare il niqab (il velo integrale), ma ha spiegato di averlo fatto "come una donna musulmana, per una semplice scelta religiosa".

Su Facebook messaggi inneggianti al jihad

La Digos bresciana, che teneva da tempo sotto osservazione la coppia, ha scandagliato però anche i profili social dei due, trovandovi messaggi espliciti sulla scelta di aderire al jihad. Tra questi: "Io vivo qui solo con il mio corpo invece la mia anima e il mio pensiero sono in un posto molto lontano", e ancora: "Oh Allah ti chiedo una morte nel tuo sentiero, e Ti chiedo una morte nel paese del tuo profeta… Il Paradiso il Paradiso il Paradiso giuro che non ce la faccio ad aspettare". Altri messaggi erano ancora più espliciti: "…Che Allah ti conceda Shahada (martirio) e un posto nel paradiso" o "…Dio dai la tua gloria ai Mujahedin sul tuo sentiero e falli vincitori sulla terra…". A tutti questi messaggi il marito della donna apponeva poi il proprio consenso. "Erano solo preghiere scritte in arabo" aveva spiegato ai giudici la 30enne, figlia di imprenditore. Ma evidentemente non è stata ritenuta credibile.

Secondo la Digos la donna voleva partire per la Siria assieme al marito, per andare a combattere tra le fila dello Stato islamico. L'uomo lo scorso giugno è stato espulso su provvedimento del ministero dell'Interno.

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