Riforma della sanità, c’è il primo sì: scompaiono le Asl, nasce l’assessorato al Welfare
La riforma della sanità in Lombardia incassa un primo sì. Grazie a un accordo raggiunto in Commissione tra Forza Italia, Lega e Ncd, ieri il progetto di riordino del settore voluto dal governatore Roberto Maroni è stato approvato in tutti i suoi articoli. Si tratta però solo di un primo passaggio: il progetto dovrà passare dall'aula del Consiglio regionale, dove sarà discusso dal 14 luglio al 6 agosto, e dove il testo potrebbe essere riformulato sulla base di compromessi tra le diverse forze politiche della maggioranza.
A sbloccare la riforma è stato il voto favorevole di Forza Italia, che si opponeva a uno dei punti fondamentali del progetto, l'accorpamento degli assessorati alla Sanità e alla Famiglia in un'unica struttura, l'assessorato al Welfare. Alla fine i forzisti sono riusciti a ottenere una modifica che li ha convinti a votare sì: "Il presidente della Regione avrà la facoltà di riunire gli attuali assessorati a Sanità e Famiglia, ma nel rispetto dei principi statuari della Lombardia", ha spiegato Claudio Pedrazzini, capogruppo di Fi. Significa che la riunificazione non sarà prevista per legge, ma resterà a discrezione del governatore.
Riforma della sanità in Lombardia: cosa cambia
Il disegno di legge prevede la scomparsa delle attuali 15 Asl, che saranno sostituite dalle Ats (Agenzia di tutela della salute). A loro spetterà decidere su contratti, negoziazione e acquisto. Cambiamenti in vista anche per gli attuali 29 ospedali, che saranno sostituiti dalle Asst (Aziende socio sanitarie territoriali) che dovranno occuparsi delle cure sia ospedaliere sia territoriali per anziani e cronici. La definizione della mappa con l'indicazione delle aree territoriali di Ats e Asst è stata rinviata alla prossima settimana.
La riforma della sanità prevede anche maggiore autonomia per l'Areu, che gestisce il 118 e che dovrebbe diventare responsabile anche dei pronto soccorso, l’assunzione di tutti i precari negli ospedali e facilitazioni per il lavoro part-time delle madri. Resta la libertà di scelta e la parità tra pubblico e privato, mentre la cosiddetta legge Daccò – che prevedeva finanziamenti agli enti ‘no profit' per progetti speciali, soprattutto edilizi – è stata stralciata: potrebbe però essere reinserita in una versione più leggera.
Dura l'opposizione: "È una riforma zoppa e gattopardesca", dicono Dario Violi e Paola Macchi del Movimento 5 stelle. Mentre per Sara Valmaggi e Carlo Borghetti del Pd "i problemi rimangono inalterati e gli scandali non sono scongiurati".