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Minacce delle Br al sindaco di Milano Pisapia, indaga la Digos

Giovedì mattina, nei bagni di un ufficio comunale di Milano è stata trovata la scritta “Pisapia boia” con la stella a 5 punte delle Brigate rosse e la firma “W. Alasia”. L’episodio arriva dopo altre minacce denunciate dal sindaco, che dice: “Le minacce non ci fanno paura, continuerò a girare per Milano”.
A cura di Francesco Loiacono
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Giovedì mattina è stata scoperta in un bagno degli uffici comunali di via Bergognone, a Milano, una scritta minacciosa nei confronti del sindaco del capoluogo lombardo Giuliano Pisapia. Nella scritta, fatta con un pennarello rosso, compare la stella a 5 punte delle Brigate Rosse e la firma "W.Alasia" sotto il testo "Pisapia boia". Questa nuova minaccia segue altre lettere minatorie che il sindaco ha ricevuto nelle ultime settimane e che sono all’attenzione delle competenti autorità giudiziarie. Proprio mercoledì il sindaco di Milano aveve affermato di ricevere centinaia di minacce, ma di non essere intenzionato a chiedere la scorta per dare un segnale ai cittadini. "Questo episodio non cambierà in nessun modo il mio impegno per la città – ha difatti ribadito Pisapia -. Come ho detto ieri, le minacce non ci fanno paura, continuerò a girare per Milano tra i cittadini come faccio tutti i giorni. Anche ieri sera sono stato a Quarto Oggiaro per portare la mia solidarietà al Consigliere di Zona 8 Fabio Galesi. Rimarrà deluso chi crede così di frenare e la mia e la nostra volontà di migliorare giorno dopo giorno la città". Dopo il ritrovamento della scritta sono state avvisate la Digos e la Polizia locale che, sul posto, hanno provveduto a effettuare i rilievi del caso.

Le minacce delle Br a Pisapia

La firma "W.Alasia" trovata sotto la scritta di minacce al sindaco di Milano, fa riferimento alla colonna milanese delle Brigate rosse, intitolata al terrorista Walter Alasia, ucciso nel 1976 nel corso di un conflitto a fuoco. La colonna milanese, sempre piuttosto autonoma dall'organizzazione terroristica, si sciolse ufficialmente nel 1982 dopo aver compiuto diversi omicidi, come quello di Renato Briano, Manfredo Mazzanti e Luigi Marangoni.

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