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Milano, i profughi nigeriani non hanno protestato per il piatto di pasta

La protesta non violenta dei profughi nigeriani, avvenuta sabato nel centro di via Aldini a Milano, ha visto come causa scatenante un piatto di pasta, ma ha origini ben più gravi: “Queste persone non hanno un futuro”, spiega il presidente di Fondazione Progetto Arca Alberto Sinigallia.
A cura di Francesco Loiacono
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Non la mancanza di riso, quanto di un futuro. Non è stato di certo un problema di pietanze (la pasta anziché il riso) a far esplodere sabato sera la protesta di un gruppo di profughi nigeriani ospitati nel centro di via Aldini, a Milano. La conferma arriva dal presidente di Fondazione Progetto Arca, la onlus che si occupa dell'assistenza ai 200 profughi accolti nella struttura. Alberto Sinigallia intervistato da Fanpage.it ha spiegato nel dettaglio cosa è avvenuto nel centro: "Il cuore del problema sono i documenti – ha detto Sinigallia -. Il giorno prima della protesta tutti i nigeriani si erano visti arrivare il diniego da parte della questura, mentre alcuni pachistani hanno ricevuto i permessi umanitari".

Il menu è stato solo un pretesto

Di fronte a questa situazione il fatto di non aver trovato, anche a causa del cambio dei fornitori, la normale possibilità di alternativa nel menu ha fornito ad alcuni dei nigeriani ospitati (tre o quattro persone più esagitate seguite da una decina sui 30 africani ospitati in totale) il pretesto per una "rivolta" che non è stata comunque violenta: "Non c'è stato nessun atto di violenza", precisa Sinigallia.

Sul tema dell'immigrazione e dell'accoglienza è necessaria la massima attenzione, per evitare che a causa di messaggi sbagliati alcune notizie possano essere strumentalizzate. Dopo che molti giornali hanno ripreso la notizia della "rivolta per la pasta" da parte dei nigeriani la Lega nord non si è fatta sfuggire l'occasione: "Chiediamo alle autorità preposte di attivarsi immediatamente e identificare i responsabili delle protesta avvenuta sabato sera a Milano nel centro di accoglienza di via Aldini, dove i 200 immigrati nigeriani richiedenti asilo, ospitati a spese dei contribuenti, si sono ribellati perché il servizio ristorazione ha servito loro della pasta al sugo e non del riso a loro più gradito, costringendo la polizia a intervenire per sedare gli animi e riportare la calma", hanno detto in una nota congiunta Paolo Grimoldi e Davide Boni, rispettivamente segretario nazionale della Lega Lombarda e segretario del Carroccio a Milano.

"I profughi non hanno futuro e ogni tanto scoppiano"

La protesta per la pasta c'è stata, ed è innegabile: ma sovrastimare il numero delle persone che vi ha preso parte ed ignorare che in realtà il problema vero sia stato un altro è un tentativo di semplificare e strumentalizzare la questione: "Queste persone sono in una situazione nella quale non hanno futuro e ogni tanto scoppiano", spiega Sinigallia.

Il presidente di Fondazione Progetto Arca è il primo a non negare che la situazione, a causa anche di tre-quattro elementi più esagitati degli altri, possa creare qualche disagio agli altri ospiti del centro: "Abbiamo chiamato la polizia (e si tratta della prima volta, ndr) per dare un segno – spiega -, ma non si può assolutamente espellere una persona solo perché ha fatto una protesta in maniera poco ortodossa". Quello che invece Progetto Arca chiede da tempo, ma invano, è il trasferimento proprio dei tre-quattro profughi più "guerrafondai" che "intorbidiscono il clima" del centro di via Aldini: "Sono arrivati da via Corelli 7-8 mesi fa, e abbiamo subito capito il perché. Purtroppo non è la prima volta che ne chiediamo il trasferimento".

I profughi nigeriani ricevono sempre dinieghi

Nelle parole di Sinigallia traspare tutta la difficoltà di chi cerca ogni giorno di venire il più possibile incontro alle esigenze di persone che provengono da un contesto culturale completamente diverso dal nostro e sono esasperate dalle lungaggini burocratiche: "Nell'80 per cento dei casi i profughi si vedono bocciare la richiesta d'asilo. I nigeriani, nello specifico, ricevono sempre un diniego e sanno che qui in Italia non potranno restare". Immaginate dunque quali sentimenti, pensieri e umori può provare chi ha fatto migliaia di chilometri per vivere, nella migliore delle ipotesi, una vita da clandestino: status che molti migranti, con buona pace della Lega, non vogliono affatto. Sintetizzare tutto in una preferenza alimentare è un'operazione semplicemente ingiusta.

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