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Claudia Bordoni, morta incinta di due gemelli: i medici non saranno processati penalmente

Secondo gli esperti della Procura le omissioni dei medici, che ci furono e furono gravi, “non ebbero quel grado di credibilità razionale o probabilità logica tali da far riconoscere con certezza il nesso causale tra la loro condotta e la morte della paziente e delle due bambine che portava in grembo”.
A cura di Enrico Tata
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Claudia Bordoni, 36 anni, morì il 28 aprile scorso alla clinica Mangiagalli di Milano incinta di due gemelle. Per la sua morte sono indagati due medici e due ostetriche, tutti per concorso in omicidio colposo. Le loro omissioni, hanno stabilito gli inquirenti, furono gravi, ma nessuno di loro probabilmente dovrà sostenere un processo penale. "Le omissioni dei sanitari non ebbero quel grado di credibilità razionale o probabilità logica tali da far riconoscere con certezza il nesso causale tra la loro condotta e la morte della paziente e delle due bambine che portava in grembo", è il passaggio chiave di una superconsulenza, riportata da Mario Consani su Il Giorno, depositata ieri dai medici incaricati dalla procura. Tradotto: i medici fecero gravi errori, ma non c'è certezza del nesso causale tra le loro azioni e la morte della paziente e delle gemelline. In altre parole ancora, secondo i medici "non si può dire con certezza che la donna e le bambine anche di fronte a interventi effettuati tempestivamente sarebbero sopravvissute". Probabilmente per la morte di Claudia Bordoni ci sarà quindi solo un processo civile.

La donna morì per un'emorragia interna provocata da un'endometriosi. "Un'emorragia che fu rapidissima e i focolai di endometriosi particolarmente difficili da diagnosticare" sostengono gli esperti. Nei giorni precedenti alla morte, stando alle conclusioni di un perito della procura, una diagnosi precisa sarebbe stata praticamente impossibile. La mattina del 28 aprile, però, alcuni sintomi come i continui cali di pressione, i dolori e gli svenimenti, sarebbero dovuti essere approfonditi. Un intervento chirurgico, anche se ad altissimo rischio, avrebbe potuto salvare la vita alla donna.

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