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Brescia, 12 anni a ladro che uccise un uomo in casa sua. La moglie: “Meglio avere un’arma”

Il tribunale di Brescia ha condannato a pene dai 10 ai 13 anni i membri di una banda di albanesi che nel luglio 2014, durante una rapina in villa nel Bresciano, uccisero il macellaio Pietro Raccagni. Dura la vedova: “Era meglio avere un’arma in casa, ci saremmo difesi”.
A cura di Francesco Loiacono
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Nel luglio di un anno fa durante una rapina in villa a Pontoglio, nel Bresciano, una banda di malviventi uccise Pietro Raccagni, di professione macellaio. Adesso, come riporta il quotidiano La Repubblica, la vicenda processuale relativa a quell'episodio è arrivata a sentenza in primo grado: i membri della banda, tutti di nazionalità albanese, sono stati condannati per omicidio preterintenzionale a pene da 13 a 10 anni e 10 mesi dal tribunale di Brescia. Una sentenza che è stata accolta con molte polemiche da parte della vedova di Raccagni, Federica Pagani: "La vita di un uomo vale più di queste condanne che sono basse", ha detto la donna dopo la decisione dei giudici, che hanno inflitto a tutti gli imputati pene più basse rispetto a quanto richiesto dal pubblico ministero.

La vedova: "Con un'arma in casa ci saremmo difesi"

In particolare, la vedova del macellaio si è scagliata contro la decisione dei giudici nei confronti dell'uomo considerato l'autore materiale dell'omicidio di suo marito. Si tratta di Vitor Lleshi, che avrebbe materialmente colpito Raccagni con una bottigliata in testa. Il macellaio era morto dopo un calvario di 11 giorni trascorsi in ospedale. A Vitor Lleshi sono stati inflitti 12 anni di carcere: "Forse era meglio avere un'arma in casa quella sera perché ci saremmo difesi. Meglio un cattivo processo che un bel funerale" ha detto la donna.

Le sue parole sono destinate ad alimentare il dibattito in corso in questi giorni sul tema della sicurezza e della legittima difesa, dopo i due episodi di Vaprio d'Adda e Lucino di Rodano, nel Milanese. In entrambi i casi due ladri sono stati uccisi dai proprietari delle case che stavano per svaligiare, anche se le analogie si fermano qui. Il pensionato Francesco Sicignano di Vaprio d'Adda è infatti indagato per omicidio volontario, e la dinamica della sparatoria è al vaglio degli inquirenti. Diverso il caso del gioielliere di Rodano, Rodolfo Corazzo: in questo caso secondo la procura si sarebbe trattato di legittima difesa.

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