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Anche in Lombardia crociata contro il burkini: la Lega vuole vietare il costume integrale

Dopo alcune località marittime della Francia, anche la Lombardia potrebbe mettere al bando il “burkini”, il costume da bagno integrale indossato da alcune donne islamiche. Il vicecapogruppo del Carroccio al Pirellone, Fabio Rolfi, annuncia una mozione per settembre. La consigliera comunale islamica Sumaya Abdel Qader: “Caccia alle streghe”.
A cura di Francesco Loiacono
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Ormai non si parla d'altro. Il burkini, un costume da bagno integrale creato per venire incontro ai dettami dell'Islam e consentire alle donne musulmane praticanti di fare il bagno, divide l'opinione pubblica ed è fonte di scontro tra le diverse posizioni politiche. Il caso è sorto Oltralpe, con alcune celebri località vacanziere francesi (Cannes su tutte), che hanno iniziato a multare le donne che indossano questo tipo di costume. Sul caso è arrivata poi la posizione ufficiale del primo ministro francese Manuel Valls, che pur escludendo una legge nazionale in materia ha appoggiato la posizione "laicista" (ma è proprio così?) di alcuni primi cittadini: "Il burkini è la traduzione di un progetto politico, di contro-società, fondato sull’asservimento della donna".

Sulla scia di queste dichiarazioni si inserisce anche una mozione annunciata dalla Lega al Consiglio regionale lombardo. A proporla il vicecapogruppo al Pirellone Fabio Rolfi: "A settembre presenteremo una mozione per chiedere alla Giunta regionale, proprio come avvenuto circa il divieto di burqa negli ospedali lombardi, di essere ancora una volta innovatrice in materia di sicurezza e lotta all'Islam radicale, proponendo che anche nei luoghi del turismo lombardo venga impedito l'utilizzo del burkini". E nelle motivazioni di Rolfi – cui ha fatto eco il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, lanciando un appello a tutti i sindaci dei comuni di mare italiani affinché vietino il costume tutto d'un pezzo – tornano alcune espressioni usate da Valls: "Bisogna combattere questa pericolosa ideologia politica che, con la scusa della religione, teorizza l'asservimento della donna; queste idee non possono trovare nessuno spazio di tolleranza o accettazione sul nostro territorio".

Sumaya Abdel Qader: "Caccia alle streghe"

Proprio da una donna islamica, la neo consigliera comunale Sumaya Abdel Qader del Pd (prima donna col velo a sedersi nell'aula di Palazzo Marino), arrivano però affermazioni destinate a far riflettere: "Dibattere sulle scelte delle donne musulmane (parliamo di quelle libere di scegliere) sarebbe utile e interessante ma lo stiamo facendo male – ha scritto la consigliera su Facebook -. Non è ora di smetterla di dire alle donne cosa fare o non fare? Non è ora di maturare una forma di rispetto e sensibilità verso le scelte altrui che non danneggiano alcuno? Non è ora di smettere di creare nemici? Stiamo lanciando una caccia alle streghe", ha scritto Sumaya Abdel Qader.

La discriminante sembra essere proprio in quell'inciso: "Parliamo di quelle libere di scegliere". In questo caso, il divieto imposto da alcuni sindaci, evidentemente per ragioni di sicurezza (che in Italia sono comunque regolate da apposite leggi) sembra andare contro quei principi liberali e laici che caratterizzano i Paesi europei. Lo evidenzia la consigliera Abdel Qader: "Cosa stiamo facendo? Stiamo (noi europei) rinnegando i nostri principi liberali, i diritti universali e le basi più semplici della convivenza?". La chiosa è pungente: "I Paesi che conosco che impongono alle donne come vestirsi sono l'Afghanistan, l'Iran, l'Arabia Saudita, eccetera, begli esempi. E ora si aggiunge la Francia (in realtà già da tempo sul tema velo ma è nuovo il divieto del burkini) quella dei 3 principi…quali erano? A lei si accoderanno altri paesi laicisti, dove la laicità è intesa in senso escludente e restrittiva".

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